INPS: pensione e redditi da lavoro autonomo conseguiti nel 2021

I titolari di pensione con decorrenza compresa entro il 2021, soggetti al divieto di cumulo parziale della pensione con i redditi da lavoro autonomo, per detto anno sono tenuti a dichiarare entro il 30.11.2022, data di scadenza della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2021, i redditi da lavoro autonomo conseguiti nel 2021 (Messaggio n. 4101/2022).

 

Sono esclusi dall’obbligo di dichiarazione, perchè non soggetti al divieto di cumulo della pensione con i redditi da lavoro autonomo: i titolari di pensione e assegno di invalidità avente decorrenza compresa entro il 31 dicembre 1994, i titolari di pensione di vecchiaia; i titolari di pensione di vecchiaia liquidata nel sistema contributivo, in quanto dal 1° gennaio 2009 tale pensione è totalmente cumulabile con i redditi da lavoro, i titolari di pensione di anzianità e di trattamento di prepensionamento a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, in quanto dal 1° gennaio 2009 tali prestazioni sono totalmente cumulabili con i redditi da lavoro, i titolari di pensione o assegno di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esonerative, esclusive, sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi con un’anzianità contributiva pari o superiore a quaranta anni.
Coloro che non si trovano nelle condizioni menzionate devono effettuare la comunicazione dei redditi da lavoro autonomo, conseguiti nel 2021, entro il 30.11.2022. I redditi da lavoro autonomo devono essere dichiarati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali e al lordo delle ritenute erariali. Il reddito d’impresa deve essere dichiarato al netto anche delle eventuali perdite deducibili imputabili all’anno di riferimento del reddito.

Il pensionato può accedere alle prestazioni e ai servizi dell’Inps tramite il sito www.inps.it utilizzando SPID, oltre alla Carta Nazionale dei Servizi o alla Carta di Identità Elettronica.
L’interessato, qualora non possegga idonee credenziali di accesso, potrà fare richiesta dello SPID tramite gli Identity Provider elencati nel sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) all’indirizzo: https://www.spid.gov.it/.
Il pensionato, una volta autenticatosi con le proprie credenziali sul sito www.inps.it,può accedere all’elenco “Prestazioni e servizi” e selezionare la voce “Dichiarazione Reddituale – RED Semplificato” (per la dichiarazione RED).
Nel successivo pannello occorre scegliere la Campagna di riferimento: 2022 (dichiarazione redditi per l’anno 2021).
I cittadini in possesso di SPID, di Carta Nazionale dei Servizi o di Carta di Identità Elettronica possono rendere la dichiarazione reddituale anche attraverso il Contact Center Multicanale, raggiungibile al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) e al numero 06 164 164 (da rete mobile con costi variabili in base al piano tariffario del proprio gestore telefonico).
Il servizio è attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 8 alle ore 20, e il sabato dalle ore 8 alle ore 14 (ora italiana).

CCNL Pulizia Confartigianato: le nuove retribuzioni

CCNL Pulizia Confartigianato: le nuove retribuzioni

Sottoscritto il verbale contenente le nuove retribuzioni per i dipendenti dalle imprese artigiane esercenti servizi di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione

L’accordo integrativo all’Ipotesi di accordo sottoscritta lo scorso ottobre, ha previsto  un incremento retributivo pari a euro 120,00 riferito al 5° Livello, con le seguenti decorrenze: 60 euro a partire dal 1° novembre 2022, 30 euro dal 1° luglio 2023, 20 euro dal 1° Luglio 2024,10 euro dal 1° dicembre 2024.

Livello

Retribuzione Tabellare in vigore

Incremento a regime

Retribuzione tabellare a regime

1 1.458,22 € 152,84 € 1.611,06 €
2 1.336,73 € 140,09 € 1.476,82 €
3S 1.295,62 € 135,79 € 1.431,41 €
3 1.251,24 € 131,14 € 1.382,38 €
4 1.182,82 € 123,96 € 1.306,78 €
5 1.144,97 € 120,00 € 1.264,97 €
6 1.102,94 € 115,60 € 1.218,54 €

Livello

Retribuzione Tabellare

al 31 ottobre 2022

Prima tranche di incremento

dal 1° novembre 2022

Retribuzione tabellare

dal 1° novembre 2022

1 1.458,22 € 76,42 € 1.534,64 €
2 1.336,73 € 70,05 € 1.406,78 €
3S 1.295,62 € 67,89 € 1.363,51 €
3 1.251,24 € 65,57 € 1.316,81 €
4 1.182,82 € 61,98 € 1.244,80 €
5 1.144,97 € 60,00 € 1.204,97 €
6 1.102,94 € 57,80 € 1.160,74 €

Livello

Retribuzione Tabellare

al 30 giugno 2023

Seconda tranche di incremento

dal 1° luglio 2023

Retribuzione tabellare

dal 1° luglio 2023

1 1.534,64 € 38,21 € 1.572,85 €
2 1.406,78 € 35,02 € 1.441,80 €
3S 1.363,51 € 33,95 € 1.397,46 €
3 1.316,81 € 32,78 € 1.349,59 €
4 1.244,80 € 30,99 € 1.275,79 €
5 1.204,97 € 30,00 € 1.234,97 €
6 1.160,74 € 28,90 € 1.189,64 €

Livello

Retribuzione Tabellare

al 30 giugno 2024

Terza tranche di incremento

dal 1° luglio 2024

Retribuzione tabellare

dal 1° luglio 2024

1 1.572,85 € 25,47 € 1.598,32 €
2 1.441,80 € 23,35 € 1.465,15 €
3S 1.397,46 € 22,63 € 1.420,09 €
3 1.349,59 € 21,86 € 1.371,45 €
4 1.275,79 € 20,66 € 1.296,45 €
5 1.234,97 € 20,00 € 1.254,97 €
6 1.189,64 € 19,27 € 1.208,91 €

Livello

Retribuzione Tabellare

al 30 novembre 2024

Quarta tranche di incremento

dal 1° dicembre 2024

Retribuzione tabellare

dal 1° dicembre 2024

1 1.598,32 € 12,74 € 1.611,06 €
2 1.465,15 € 11,67 € 1.476,82 €
3S 1.420,09 € 11,32 € 1.431,41 €
3 1.371,45 € 10,93 € 1.382,38 €
4 1.296,45 € 10,33 € 1.306,78 €
5 1.254,97 € 10,00 € 1.264,97 €
6 1.208,91 € 9,63 € 1.218,54 €

A decorrere dal 1° novembre 2022 verrà, inoltre, corrisposto a titolo di indennità speciale un importo mensile differenziato per ciascun livello retributivo secondo gli importi e le scadenze indicate di seguito.

 

Livello

Importi in vigore

dal 1° novembre 2022

Importi in vigore

dal 1° dicembre 2024

1 126,55 € 131,55 €
2 108,58 € 113,58 €
3S 104,86 € 109,86 €
3 96,81 € 101,81 €
4 88,73 € 93,73 €
5 83,17 € 88,17 €
6 76,97 € 81,97 €

I lavoratori dipendenti delle imprese che non versano alla bilateralità hanno diritto ad un ulteriore elemento retributivo, non assorbibile, pari a 30,00 euro lordi mensili denominato Elemento Aggiuntivo della Retribuzione (E.A.R.)

Validità della prova di residenza fiscale all’estero in lingua straniera

La Corte di Cassazione ha affermato che in tema di tassazione dei redditi delle persone fisiche, ai fini della prova della residenza fiscale all’estero, che escluda l’imponibilità dei redditi in Italia, i documenti prodotti dal contribuente in lingua straniera devono ritenersi validamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione allorché il giudice sia in grado di comprenderne il significato. (Corte di Cassazione – Sentenza 09 novembre 2022, n. 33079).

L’Agenzia delle Entrate ha contestato al contribuente maggiore IRPEF a seguito dell’omessa dichiarazione di redditi di lavoro dipendente corrisposti dalla SIAE.
Il contribuente risultava cancellato dall’anagrafe della popolazione residente nel 1989, emigrato in Svizzera nel 1989 ed iscritto all’A.I.R.E nel 1990, ma secondo l’Agenzia delle Entrate doveva ritenersi fiscalmente residente in Italia nell’anno d’imposta in questione, essendo nel territorio dello Stato proprietario di immobili, intestatario di utenze elettriche e telefoniche e titolare di partita IVA aperta nel 2000, ed avendo legami familiari con la moglie, non legalmente separata, ed i figli, residenti in Italia.
I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente sulla base della documentazione di prova dell’effettiva residenza in Svizzera prodotta dal contribuente in lingua straniera.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate ritenendo che la documentazione prodotta dal contribuente dovesse ritenersi inammissibile ai fini della prova contraria, in quanto scritta in lingua diversa da quella italiana, contrariamente a quanto prescrivono gli artt. 122 e 123 cod. proc. civ..

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici tributari, ritenendo valida e utilizzabile la documentazione di prova redatta in lingua straniera, anche in assenza di traduzione in lingua italiana.
I giudici della Suprema Corte hanno affermato che l’obbligatorietà della lingua italiana, previsto dalle norme processuali, si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti, sicché, quando siffatti documenti risultino redatti in lingua straniera, il giudice ha la facoltà, e non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, di cui può farsi a meno allorché trattasi di un testo di facile comprensibilità, sia da parte dello stesso giudice che dei difensori.
Pertanto la produzione di documenti redatti in lingua straniera, e non muniti contestualmente di traduzione allegata, non è vietata dall’ordinamento processuale e non può quindi ritenersi ex se nulla, né comunque “inutilizzabile”, categoria di matrice penalistica che comunque, ove pure la si voglia trasferire nel contesto del giudizio civile, non può prescindere da un riferimento normativo, assente nel caso di specie.
Dalla ritualità della produzione istruttoria dei documenti di prova, in tema di valutazione delle prove, la normativa processuale che prescrive l’uso della lingua italiana in tutto il processo, non esonera il giudice dall’obbligo di prendere in considerazione qualsiasi elemento probatorio decisivo, ancorché espresso in lingua diversa da quella italiana, restando affidato al suo potere discrezionale il ricorso ad un interprete a seconda che sia o meno in grado di comprenderne il significato o che in ordine ad esso sorgano contrasti tra le parti.
In altri termini, la discrezionalità del giudicante, rispetto alla nomina o meno di un traduttore, dipende dalla sua possibilità, o meno, di comprendere comunque il significato del documento in lingua straniera, pur in assenza di una traduzione.
La Corte di Cassazione precisa che tali conclusioni, applicate al processo civile, possono trasferirsi anche al processo tributario, per effetto del rinvio generale sussidiario alle norme del codice di procedura civile (i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile) ed in difetto di ragioni di incompatibilità della normativa processuale civile con la disciplina specifica del rito tributario.
La Corte di Cassazione ha dunque affermato il seguente principio di diritto: “ai sensi degli artt. 122 e 123 cod. proc., applicabili ex art. 1, comma 1, d.lgs. n. 546 del 1992 al giudizio tributario, anche in quest’ultimo, come in quello civile, la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non per i documenti prodotti dalle parti. I quali, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione, avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti, o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte”.

Terziario – Ente Bilaterale Bari – Sostegno della natalità 2022

EBITER Bari, l’Ente Bilaterale del Commercio, della Distribuzione e dei Servizi della Provincia di Bari eroga, per l’anno 2022, un contributo a favore dei dipendenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, a sostegno della natalità

L’Ente Bilaterale Bari eroga, per l’anno 2022, un contributo a favore dei dipendenti delle aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi, a sostegno della natalità.

Soggetti beneficiari – Misura
Il contributo può essere richiesto dai lavoratori a tempo indeterminato, compresi gli apprendisti e i lavoratori a tempo determinato che svolgono la propria attività nelle province di BARI – BAT di competenza dell’Ente in forza presso datori di lavoro in regola con il versamento delle quote contributive a EBITER BARI da almeno 12 mesi all’atto della presentazione della domanda e che applicano integralmente il CCNL Terziario, Distribuzione e Servizi, sia per la c.d. parte economico – normativa sia per la c.d. parte obbligatoria.
Il contributo verrà riconosciuto per i figli nati, adottati e/o in affido dal 01/01/2022 al 31/12/2022 e sarà pari ad €. 250 euro.

Domanda e termini di presentazione
La domanda di ammissione al sostegno economico dovrà essere redatta su apposito modulo online disponibile sul sito internet www.ebiterbari.com

La domanda deve essere corredata dalla documentazione sotto riportata:

1. copia fronte e retro della carta d’identità del richiedente

2. copia codice fiscale del figlio

3. copia del documento attestante l’adozione o l’affido, in caso di figli adottivi o in affido

4. copia dell’atto/estratto di nascita del figlio con indicazione dei nomi dei genitori

5. copia dell’ultima busta paga del richiedente;

6. autorizzazione al trattamento dei dati personali

La domanda potrà essere trasmessa ad EBiTer BARI dal 01/11/2022 al 30/12/2022, l’esito della stessa verrà comunicato a graduatoria ultimata.
Le domande verranno prese in considerazione secondo l’ordine cronologico di presentazione.
Nell’ipotesi in cui, in fase di istruttoria, venisse rilevata l’assenza, la non conformità o la non leggibilità di uno o più documenti, la domanda sarà considerata irricevibile e quindi sarà necessario procedere nuovamente all’invio della richiesta unitamente a tutti documenti previsti dal regolamento del bando.

INPS: liquidazione TFR e TFS in modalità telematica

Si forniscono chiarimenti in merito all’utilizzo dello strumento telematico per la liquidazione del TFR e TFS dei dipendenti pubblici (Comunicato Inps 11 novembre 2022).

 

Dal 1° gennaio 2023 le Amministrazioni devono utilizzano solamente il canale telematico per inviare all’Istituto le informazioni utili alla liquidazione del Tfs e del Tfr dei lavoratori pubblici.
Il passaggio all’utilizzo esclusivo del canale digitale si colloca nell’ambito del più ampio processo di digitalizzazione dei servizi e delle procedure amministrative finalizzato a potenziare l’interoperabilità dei dati tra l’INPS e le altre PA.
Lanuova modalità consentirà di ridurre i tempi di definizione della procedura di liquidazione del TFS-TFR, superando così le criticità legate alla trasmissione da parte delle Amministrazioni della documentazione cartacea utilizzata finora a tale scopo.
Per effettuare le attività previste per la liquidazione dei trattamenti, le Amministrazioni saranno abilitate ad accedere attraverso, il sito istituzionale dell’INPS, oltre che alla procedura Nuova Passweb, anche alla “Comunicazione di Cessazione TFS”, con la quale le Amministrazioni comunicano all’Inps i dati necessari alla liquidazione del TFS.

Contributi omessi e termine di prescrizione

La prescrizione dei contributi decorre dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa; infatti l’obbligazione contributiva nasce per un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria.

Un ingegnere ha proposto opposizione contro l’avviso di addebito emesso dall’Inps sul presupposto dell’iscrizione d’ufficio alla Gestione separata, dal 2008, e ha dedotto l’infondatezza della pretesa vantata dall’Istituto e, in subordine, l’estinzione del diritto per intervenuta prescrizione (Sentenza Corte di Cassazione, n. 32685/2022).
In primo grado, il Giudice ha accolto l’eccezione di prescrizione, considerando come dies a quo del relativo termine quinquennale la scadenza del termine stabilito per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi. La decisione è stata appellata dall’Istituto di previdenza, che ha censurato la mancata considerazione della proroga al 6 luglio 2009 dei termini stabiliti per il versamento dell’imposta. La pronuncia di primo grado meriterebbe censura anche nella parte in cui non ha individuato il dies a quo della prescrizione nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi, cui il professionista deve allegare il modello RR sezione II, con l’indicazione dei contributi a debito per l’anno d’imposta dichiarato, degli eventuali acconti pagati e dei contributi a credito portati in compensazione.
Ad ogni modo, la mancata compilazione del modello RR si atteggerebbe come occultamento doloso del debito.
La Corte d’appello territoriale ha rigettato l’appello principale e ha accolto l’appello incidentale e, per l’effetto, ha condannato l’INPS, in parziale riforma della sentenza di primo grado, a rifondere alla parte appellata le spese del primo grado, onerando la parte appellante anche delle spese del secondo grado.
Alla base della decisione, la Corte ha precisato che: la prescrizione decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, che non costituisce presupposto del credito contributivo; non rileva il differimento al 6 luglio 2009 del termine di versamento delle imposte sui redditi per i professionisti soggetti agli studi di settore, in quanto tale dilazione non si applica alla fattispecie in esame; l’Istituto, provvisto di poteri ispettivi, non si trova nell’impossibilità di far valere il diritto, che non s’identifica in un impedimento soggettivo o in un ostacolo di mero fatto, ma postula una causa giuridica che ostacoli l’esercizio del diritto; neppure si ravvisa un occultamento doloso del debito: il professionista ha riportato i redditi da lavoro autonomo nell’apposita sezione del modello unico, condotta che di per sé esclude la volontà di eludere gli obblighi di legge; l’Istituto stesso, prima del luglio 2014, non aveva affermato alcun obbligo d’iscriversi alla Gestione separata per i professionisti che fossero in posizione analoga a quella del ricorrente; è fondato l’appello incidentale di quest’ultimo in favore del quale devono essere liquidate le spese del primo grado: in tema di prescrizione, gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità erano già univoci.
L’Inps impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello. Secondo l’Istituto avrebbe errato la Corte d’appello nell’escludere la sospensione della prescrizione per doloso occultamento del debito, nel caso di omessa compilazione del quadro RR, «adibito alla determinazione dei contributi da parte del Fisco».
Solo la compilazione del quadro RR avrebbe consentito all’INPS di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, assoggettato all’obbligo d’iscrizione alla Gestione separata. Il professionista, omettendo di compilare il quadro RR, avrebbe violato un obbligo di legge, volto a tutelare «interessi di carattere pubblicistico», e avrebbe determinato non una mera difficoltà di accertamento, ma l’impossibilità materiale dell’Istituto di avere cognizione dei dati occultati.
Anche il semplice mendacio su dati che la legge impone di dichiarare sarebbe sufficiente a integrare il dolo. L’INPS invoca, a tale riguardo, «una presunzione di occultamento», che spetterebbe al lavoratore autonomo superare.
Ad avviso del ricorrente, nessuna prescrizione, pertanto, si sarebbe compiuta.
Ebbene, il ricorso è fondato. La questione concerne il tema della prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata, sul quale sono oramai costanti gli orientamenti di questa Corte, che devono essere anche in questa sede ribaditi. La prescrizione decorre «dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria».
Per quanto il debito contributivo sorga sulla base della produzione di un certo reddito, la prescrizione dell’obbligazione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento: i contributi obbligatori si prescrivono «dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati».
I termini di versamento dei contributi sono definiti dall’art. 18, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241: «i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi».

CCNL Distribuzione cooperativa: versamento al Fondo Coopersalute

  Il termine per il versamenti della quota al Fondo Coopersalute del mese di ottobre per i dipendenti delle imprese della distribuzione cooperativa è il 28 novembre 2022

 

Il Fondo Coopersalute ha lo scopo di garantire trattamenti di assistenza sanitaria integrativa a tutti i dipendenti assunti nelle imprese che applicano il CCNL della distribuzione cooperativa e regolarmente iscritti al Fondo.
Il Fondo evidenzia che le comunicazioni relative al mese di ottobre 2022 potranno essere effettuate fino a venerdì 25 novembre 2022. I versamenti delle quote dovranno essere effettuati entro lunedì 28 novembre 2022.
Inoltre, lo stesso ricorda che per il finanziamento del Fondo Coopersalute è dovuto un contributo a carico dell’impresa, pari a:
– per il personale assunto a tempo pieno e a tempo parziale, 11,00 euro mensili per ciascun iscritto;
– una quota una tantum di iscrizione, per ogni iscritto, pari a 30,00 euro per ciascun iscritto.
Sono iscritti al Fondo Coopersalute anche i lavoratori dipendenti da aziende del settore della distribuzione cooperativa, assunti con contratto di apprendistato, sia a tempo pieno che a tempo parziale

L’esperienza del lavoratore non esclude gli obblighi di formazione in materia di sicurezza

In tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, il personale bagaglio di conoscenza del lavoratore non può sostituirsi all’attività di formazione alla quale è tenuto il datore di lavoro. Tale il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 19 ottobre 2022, n. 39489.

Il legale rappresentante di una società veniva condannato per il reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore, con mansioni di caposquadra, deceduto in conseguenza di un infortunio avvenuto all’interno del cantiere in cui la società operava.
I giudici d’appello avevano, in particolare, imputato al datore di lavoro omessa formazione e informazione del lavoratore deceduto circa i rischi connessi alla lavorazione da eseguirsi.

La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso proposto dal datore, ha confermato la sentenza impugnata, osservando che la parte datoriale risponde dell’infortunio occorso al lavoratore, in caso di violazione degli obblighi, di portata generale, relativi alla valutazione dei rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali siano chiamati ad operare i dipendenti, e della formazione dei lavoratori in ordine ai rischi connessi alle mansioni, anche in correlazione al luogo in cui devono essere svolte. Ne consegue che, qualora egli non adempia a tale fondamentale obbligo, sarà chiamato a rispondere dell’infortunio occorso al lavoratore, nel caso in cui l’omessa formazione possa dirsi causalmente legata alla verificazione dell’evento.

Il Collegio ha, altresì, rilevato che, in tema di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, l’attività di formazione del lavoratore, alla quale è tenuto il datore di lavoro, non è esclusa dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza operativa, atteso che esso non si identifica e tanto meno vale a surrogare le attività di informazione e di formazione previste dalla legge.

Secondo quanto ribadito dalla Corte, con riguardo all’area di rischio, nella quale si colloca l’obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore, la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia.
Di contro, nel caso di specie, il giudice del gravame aveva correttamente evidenziato che la condotta del lavoratore non era imprevedibile proprio in relazione alla mancata formazione e informazione dello stesso sui rischi specifici connessi all’impiego di un macchinario diverso da quello contemplato nel POS. Ciò posto, nessun rischio eccentrico poteva dirsi imprevedibilmente introdotto dal lavoratore nella fattispecie, configurandosi la sua condotta quale diretta e prevedibile conseguenza della mancanza conoscitiva sui rischi connessi alla lavorazione, nel corso della quale è avvenuto l’infortunio.

Sicurezza sul lavoro: con il bando Bit l’Inail finanzia l’innovazione tecnologica

Con il Bando Bit, l’INAIL mette a disposizione dei datori di lavoro due milioni di euro per sostenere progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale finalizzati alla riduzione del fenomeno infortunistico e tecnopatico o al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori (Comunicato 7 novembre 2022).

L’obiettivo del Bando Bit è sostenere la ricerca e l’innovazione applicata alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, attraverso il trasferimento di know how e competenze professionali avanzate in campo tecnologico, favorendo i processi di transizione ecologica e digitale, ripresa e crescita del sistema produttivo nazionale.
L’iniziativa, promossa da INAIL insieme al Centro di competenza ad alta specializzazione nella robotica avanzata e nelle tecnologie digitali abilitanti “Advanced Robotics and enabling digital TEchnologies & Systems 4.0” – cd. “Artes 4.0” (di cui l’Inail è socio fondatore), è rivolta a Start up, Microimprese, Pmi e grandi imprese con stabile organizzazione in Italia.
L’Istituto ha stanziato complessivamente 2 milioni di euro per sostenere progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale finalizzati alla riduzione del fenomeno infortunistico e tecnopatico o al miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.

Spese finanziabili

I fondi sono erogati sotto forma di contributo nella misura del 50 per cento delle spese sostenute per ciascun progetto ammesso, per un importo minimo non inferiore a 100mila euro e un importo massimo fino a 140mila euro.
L’assegnazione dei fondi avverrà sulla base di una graduatoria di merito, al termine di una procedura di selezione articolata in due fasi, dedicate alla verifica di ammissibilità delle domande e alla loro valutazione tecnico-scientifica.
Le domande di finanziamento possono essere trasmesse dal 7 novembre 2022, fino al 16 gennaio 2023 attraverso:
– la pagina dedicata sul sito di Artes 4.0;
– la sezione dedicata del portale INAIL;
– sulla piattaforma online della rete italiana dei competence center.

Progetti ammissibili

Per essere ammessi alla selezione, i progetti devono rientrare integralmente in una delle seguenti categorie previste dal Regolamento della Commissione europea n. 651/2014 sugli aiuti di Stato:
– aiuti ai progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale;
– aiuti all’innovazione a favore delle PMI;
– aiuti per l’innovazione dei processi e dell’organizzazione.
I progetti devono includere un piano di intervento concreto e dettagliato, con un’esposizione chiara dei benefici attesi nell’ambito della prevenzione e del contrasto degli infortuni e delle malattie professionali.
Le soluzioni progettate dovranno avere un livello di maturità tecnologica (Technology Readiness Level – TRL) compreso tra TRL 5, che indica una tecnologia convalidata in ambiente (industrialmente) rilevante, e TRL 8, equivalente a un sistema completo e qualificato.
I progetti, inoltre, dovranno prevedere il ricorso alle competenze e alle strumentazioni di Artes 4.0 nella misura non inferiore al 20 per cento delle spese ammissibili a copertura di servizi di ricerca contrattuale, consulenza tecnologica e supporto all’innovazione.

Esonero contributivo post maternità per lavoratrici madri: chiarimenti

L’Inps fornisce chiarimenti sulle modalità di riconoscimento dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo di maternità (Messaggio 09 novembre 2022, n. 4042).

In via sperimentale per l’anno 2022, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali, nella misura del 50 per cento, a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato, a decorrere dalla data del rientro nel posto di lavoro dopo la fruizione del congedo obbligatorio di maternità e per un periodo massimo di un anno a decorrere dalla data del predetto rientro.
In proposito l’Inps ha chiarito, tra l’altro, che l’agevolazione spetta anche qualora il rientro effettivo sul posto di lavoro della lavoratrice avvenga dopo la fruizione del periodo di astensione facoltativa e dopo il periodo di interdizione post partum, purché tali periodi siano fruiti senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio (Circolare n. 102/2022).
Con il Messaggio n. 4042/2022, l’Istituto fornisce ulteriori chiarimenti riguardo alla decorrenza del beneficio, all’imponibile oggetto di sgravio, alla compatibilità con altre agevolazioni e alla portabilità dell’esonero.

Decorrenza dell’esonero

L’esonero è applicabile a partire dalla data del rientro effettivo al lavoro della lavoratrice, purché lo stesso avvenga tra il 1° gennaio 2022 e il 31 dicembre 2022.
Le eventuali cause che posticipino il rientro effettivo al lavoro (quali, a titolo esemplificativo, ferie, malattia, permessi retribuiti), purché collocate senza soluzione di continuità rispetto al congedo obbligatorio, determinano lo slittamento in avanti della decorrenza dell’esonero, a condizione che il rientro si verifichi entro il 31 dicembre 2022.
Viceversa, laddove vi sia stato il rientro effettivo della lavoratrice al termine del periodo di astensione per maternità (anche eventualmente seguito, senza soluzione di continuità, da un periodo di congedo parentale), le eventuali successive ipotesi di fruizione (totale o parziale) dei congedi parentali sono irrilevanti ai fini del decorso dell’anno in cui si ha diritto all’applicazione dell’esonero. Pertanto, qualora una lavoratrice sia effettivamente rientrata in servizio al termine del periodo di astensione obbligatoria e – successivamente al rientro – si sia avvalsa del congedo facoltativo, la stessa ha diritto all’applicazione dell’esonero in oggetto a partire dalla data del primo rientro effettivo nel posto di lavoro.

Imponibile oggetto di sgravio

L’esonero contributivo si calcola a decorrere dalla data di rientro effettivo.
L’imponibile riferito ai giorni antecedenti il rientro non dovrà essere considerato, viceversa, dal giorno del rientro l’imponibile dovrà essere integralmente considerato.
Ai fini della determinazione dell’imponibile oggetto di sgravio, in relazione all’ultimo mese di fruizione dello stesso, nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, si dovrà considerare il solo periodo fino alla data in cui termina la fruizione dell’esonero.
Pertanto i giorni di ferie o di permessi retribuiti ad altro titolo o di malattia eventualmente fruiti, senza soluzione di continuità rispetto all’astensione per maternità, prima dell’effettivo rientro, non sono oggetto di esonero e il relativo imponibile, pertanto, non determina il diritto all’agevolazione.
Ulteriormente, nelle ipotesi di rientri inframensili, l’esonero, nell’ultimo mese di spettanza, deve essere calcolato fino alla data di scadenza dell’anno di agevolazione previsto dalla legge.
La determinazione della quota di imponibile oggetto di sgravio, nelle ipotesi di rientro nel posto di lavoro inframensile, dovrà essere effettuata in relazione agli eventi intercorsi nel mese di rientro.
Ad ogni modo, l’imponibile da considerare ai fini dell’applicazione dello sgravio in trattazione, con riferimento al primo mese di fruizione dello stesso e nelle ipotesi di rientro in servizio inframensile, è quello dalla data del rientro.

Compatibilità con altre agevolazioni

L’esonero è cumulabile:
– con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente relativi alla contribuzione dovuta dal datore di lavoro;
– con l’esonero sulla quota dei contributi previdenziali per IVS a carico del lavoratore, previsto per l’anno 2022 (0,8 + 1,2 per cento). La cumulabilità opera sull’intero ammontare della contribuzione a carico del dipendente. Ciò significa che laddove sia già stata applicata la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre, l’esonero IVS può trovare applicazione sull’intera contribuzione dalla stessa dovuta. Analogamente, laddove sia già stato applicato l’esonero IVS, la riduzione del 50 per cento della quota a carico della lavoratrice madre può trovare applicazione sull’intera contribuzione dalla stessa dovuta.

Portabilità dell’esonero

Laddove la lavoratrice sia rientrata nel posto di lavoro a seguito dell’astensione per maternità, in caso di successivo cambio di datore di lavoro, occorre distinguere tra le seguenti due ipotesi:
(1) nel caso in cui ci sia soluzione di continuità tra il precedente rapporto incentivato e il nuovo (ad esempio, dimissioni e nuova assunzione; scadenza di un contratto a termine e nuova assunzione), l’esonero non può essere riconosciuto;
(2) nel caso in cui non ci sia soluzione di continuità (ad esempio, trasferimento di azienda; cessione di contratto), l’esonero continua a trovare applicazione, trattandosi della prosecuzione del medesimo rapporto di lavoro.

Nell’ipotesi in cui la lavoratrice, invece, non sia rientrata nel posto di lavoro relativo al rapporto contrattuale in costanza del quale si è verificata l’astensione per maternità, l’esonero può essere riconosciuto presso il datore di lavoro che successivamente assume la lavoratrice – poiché, rispetto a esso, si verifica il primo rientro effettivo dall’astensione.